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Monte dei Paschi, si tenta l’esproprio ai danni dei risparmiatori per evitare la nazionalizzazione. E lo scontro con l’Ue

Monte dei Paschi

Monte dei Paschi – L’istituto vuole estendere la conversione delle obbligazioni subordinate agli investitori retail. Un bail-in volontario per cercare di evitare che la banca finisca in risoluzione. Chi non consegna i titoli, ricevendo in cambio azioni di nuova emissione del valore di pochi centesimi, rischia di vederli azzerati. L’alternativa ci sarebbe, ma il governo non vuol giocare quella carta

Monte de Paschi – Non è un’offerta, è un tentativo di esproprio ai danni dei risparmiatori. Il Monte dei Paschi di Siena è alla canna del gas. Ciò è causato dall’impossibilità di trovare investitori disposti a coprire nell’ennesimo aumento di capitale. Da questo deriva l’intenzione di “tosare” gli obbligazionisti, tra i quali spiccano decine di migliaia di piccoli risparmiatori.

L’istituto guidato da Marco Morelli, estenderà la conversione delle obbligazioni subordinate agli investitori retail. Un “bail-in” volontario, insomma, per cercare di evitare che la banca finisca in risoluzione. Il meccanismo è semplice. Chi possiede obbligazioni subordinate sarà tenuto a scegliere tra due mali. Il primo sarà consegnare i propri titoli alla banca e ricevere in cambio azioni di nuova emissione. Oppure, il secondo, sarà consegnarli con il rischio che l’operazione fallisca. In quest’ultimo caso le obbligazioni verranno cancellate con un tratto di penna. Ciò è già capitato ai risparmiatori coinvolti nel salvataggio di Banca EtruriaBanca MarcheCariFerrara e CariChieti.

Comunicato dall’istituto senese.

Nel lungo comunicato emesso in nottata dall’istituto senese si legge chiaramente che se l’offerta di conversione “non avesse un esito soddisfacente secondo il giudizio in buona fede di ciascuno dei membri del consorzio che agiscono in qualità di global coordinatorsverrebbe meno anche l’impegno dei garanti a sottoscrivere un contratto di garanzia per l’eventuale ammontare dell’aumento di capitale non sottoscritto e di conseguenza l’offerente non riuscirebbe verosimilmente a portare a termine l’aumento di capitale”.

In questo caso, Monte dei Paschi “non potrebbe completare il deconsolidamento del portafoglio Npl. Ciò potrebbe comportare che il medesimo divenga soggetto ad azioni straordinarie da parte delle autorità competenti, che potrebbero includere, tra le altre, l’applicazione degli strumenti di risoluzione”.

I bond per i quali è prevista la conversione hanno un valore nominale di 4,3 miliardi di euro. Inoltre per quasi la metà sono nelle mani del retail, in molti casi dei correntisti stessi della banca, indotti nell’ormai lontano 2008 ad acquistare le obbligazioni che l’istituto ha emesso per finanziare l’acquisizione di Antonveneta.

L’emissione Upper Tier 2 2008-2018, con un valore nominale superiore ai 2 miliardi di euro, è stata venduta direttamente allo sportello ed era sottoscrivibile per importi a partire dai 1.000 euro. Facile immaginare chi ce l’abbia in portafoglio. Il Monte dei Paschi guidato da Morelli punta a terrorizzare i piccoli risparmiatori per indurli a convertire i bond. Punta, inoltre, a salvare la baracca, mentre governo e autorità di controllo tacciono e incrociano le dita perché nessuno ha preso l’impegno di partecipare all’operazione.

Il ministero del Tesoro.

Lo stesso ministero del Tesoro, che all’assemblea del 24 novembre voterà a favore dell’estensione ai piccoli risparmiatori del bail-in “volontario”, non ha ancora assunto alcun impegno a proposito della propria quota. Nel frattempo decide come condurre il salvataggio e a chi farlo pagare. Anche lo pseudo-consorzio di garanzia capitanato da Jp Morgan e Mediobanca non ha sottoscritto alcun impegno sull’inoptato. Inoltre quest’ultimo si tirerà prontamente indietro se l’esito dell’offerta di conversione dei bond subordinati non fosse entusiasmante. Significativo è che non sia stato fissato un livello minimo di adesioni oltre il quale l’offerta di conversione possa essere ritenuta soddisfacente. Significativo è anche che a esprimere il giudizio – in buona fede – sull’esito dell’operazione siano le banche che dovrebbero poi impegnarsi a formare il consorzio di garanzia per l’aumento.

Ai titolari di obbligazioni subordinate verranno lasciati pochi giorni per decidere. L’operazione di conversione verrà deliberata il 24 novembre. Quest’ultima dovrebbe chiudersi ai primi di dicembre. Però non è detto che parta subito perchè il prospetto informativo deve essere ancora approvato dalla Consob. Quest’ultimo, peraltro, in passato ha sanzionato Monte dei Paschi di Siena per ripetute e gravi violazioni del Testo Unico e della Mifid. Un prospetto complesso sia per i rischi intrinseci dell’operazione (anche in caso di conversione dei bond subordinati non è detto che l’aumento vada a buon fine), sia per la natura stessa dell’offerta che pretende di scambiare bond un tempo venduti ai risparmiatori come “sicuri” con una penny stock altamente volatile, un’azione da pochi centesimi che sale e scende del 20% al giorno.

Che fine fa la tutela del pubblico risparmio e cosa farà chi lo deve tutelare?

In attesa di poter rispondere a questa domanda, è necessario chiedersi se la pistola che il Tesoro e la banca senese puntano alla tempia dei risparmiatori non sia una pistola scarica. Sicuramente l’idea di promuovere una sorta di bail-in volontario non gioca a favore del governo, soprattutto alla vigilia del voto referendario. Difficilmente questa mossa può essere fatta passare per “un’opportunità” offerta ai titolari di bond Monte dei Paschi. Al contrario, a un anno di distanza dal decreto “Salvabanche”, con i risparmiatori truffati che ancora aspettano il decreto sugli arbitrati, si tratta a tutti gli effetti di un autogol. E’ un’ammissione di impotenza, di inadeguatezza e di incapacità nel gestire le crisi e i loro effetti. Ciò detto occorre valutare due aspetti. Il motivo che ha portato il governo alla decisione di sacrificare gli obbligazionisti retail. Ed infine cosa accadrebbe se l’aumento di capitale di Monte dei Paschi non andasse a buon fine.

A fronte dell’indisponibilità di investitori e banche, c’è davvero solo il bail-in?

Assolutamente no. Il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ha detto a più riprese che Monte dei Paschi non finirà in risoluzione. Ha affermato inoltre che la direttiva europea Brrd prevede esplicitamente la possibilità di escludere il ricorso al bail-in in casi di estrema gravità. Questi casi, quindi, devono essere tali da determinare un “ampio contagio” e gravi perturbazioni sui mercati finanziari in ragione della “rilevanza sistemica delle controparti a rischio dissesto”. Monte dei Paschi di Siena è la terza banca italiana. Inoltre quest’ultima un suo crac avrebbe conseguenze devastanti sulle altre banche e sull’economia.

L’alternativa al bail-in – che minerebbe definitivamente il poco di fiducia rimasta nel sistema – è la nazionalizzazione. Infatti a giugno il governo aveva ventilato un piano pubblico a sostegno delle banche”. Questo piano sarebbe da attivare in caso di necessità per sondare il terreno a Bruxelles. Ora, con il caso Monte dei Paschi di Siena che sta arrivando al dunque, quel sostegno pubblico torna di attualità. Si tratta dell’ultima carta che resta in mano a Palazzo Chigi. Una carta da giocare come extrema ratio, anche perché con ogni probabilità Bruxelles non ha concesso alcunché a Roma. Inoltre il rischio – giocandola – è di arrivare allo scontro frontale con la Commissione con elevate probabilità di insuccesso. Perciò il governo preferisce sperare che il sacrificio degli obbligazionisti di Siena sia sufficiente per andare avanti.

 

Di seguito riportiamo la fonte da cui è stato copiato l’artico Il Fatto Quotidiano del 15 Novembre 2016

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